SÜT - LATTE
Racconto di Engin Akyürek dal n. 59 di Kafasına Göre – novembre/dicembre 2024 –
Considerava un successo riuscire a svegliarsi prima che la sveglia del telefono iniziasse a suonare in modo assordante. Dentro Adem c'era una sorta di orologio, una calcolatrice che analizzava tutto fin nel più piccolo dettaglio. Si svegliava dieci secondi prima dell'allarme, spegneva la sveglia sul telefono che aveva trovato con le dita a occhi socchiusi e, facendo un respiro profondo, si alzava dal letto.
Andava al lavoro senza vedere il volto di sua moglie Aslı, con cui era sposato da cinque anni e che dormiva accanto a lui rivolgendogli la schiena. Nei primi anni di matrimonio si svegliavano guardandosi negli occhi, ma col tempo si era formato un confine naturale nel letto. Entrambi avevano trovato una certa libertà in questa mancanza di comunicazione e preferivano non mettere in discussione la situazione. Lui non si interrogava su cosa desiderasse lei, né lei su cosa volesse lui o cosa significasse la vita per entrambi e nessuno dei due aveva il desiderio di scoprirlo. Avere figli, acquistare una casa e pagare il mutuo, o fare piani per le vacanze insieme non faceva per loro anzi, non importava cosa fosse adatto a loro. Entrambi scorrevano in un vuoto, sprecando il tempo.
Come ogni mattina, Adem cercò con le dita il telefono vicino al bordo del letto, lo prese e aprì leggermente gli occhi. Tentò di spegnere la sveglia, ma, aprendo appena le palpebre, si rese conto che non l’aveva impostata la sera prima. Fece un respiro profondo e si alzò rapidamente dal letto. Aslı non stava dormendo voltata di spalle e quel confine naturale creato dalle lenzuola si era dissolto. Poiché non aveva mai visto il letto vuoto al risveglio, Adem cercava di comprendere, con un senso di curiosità sconosciuto, i rumori provenienti dalla cucina. Sentimenti che non gli appartenevano volevano vivere in un posto che non era il loro. Un rumore frusciante, fastidioso, arrivava dalla cucina alla camera da letto.
Adem, prima aprendo la mente e poi affinando tutti i suoi cinque sensi, si avviò verso la cucina con una curiosità che non riusciva a esprimere sul volto. Prima fece capolino in cucina con la testa, lasciando che il corpo si riempisse di quella curiosità inespressa dal suo volto. Come i muscoli che fanno male dopo tanto tempo senza esercizio, i muscoli del volto di Adem, che non usava da tempo per esprimere curiosità, gli dolevano. Aslı stava bevendo latte con avidità, facendo suoni di risucchio. Quei muscoli incapaci di muoversi diedero vita a una sensazione di stupore e meraviglia sul volto e sul corpo di Adem. Aslı aveva aperto due bottiglie di latte, ne aveva finita una e, mentre beveva avidamente l’altra, incrociò lo sguardo di Adem. Continuava a bere latte, guardandolo con un'espressione impassibile. Adem avanzò a piccoli passi verso di lei e le chiese:
“Aslı, stai bene?”
Aslı continuava a bere latte: il liquido le scendeva dalla bocca e dalle labbra, bagnandole il collo e il petto. Adem si avvicinò ancora, cercando di capire quell’espressione indecifrabile nei suoi occhi.
“Aslı, stai bene?”
I sentimenti che Adem provava non si riflettevano solo sul suo volto, ma anche nel suo cuore e nel suo respiro.
“Aslı, stai bene? Cosa stai facendo di prima mattina? Odi il latte, ti fa venire la nausea, cosa succede?”
Aslı non solo odiava bere il latte, ma persino l’odore o le immagini legate al latte nascoste nella sua memoria erano sufficienti a farle venire il vomito. Adem, invece, amava il latte, divorava dolci al latte a cucchiaiate e non rinunciava mai ai latticini a colazione. Il latte era motivo di discussione, la fonte della nausea. Adem aveva risolto la questione comprando due frigoriferi per la casa. Dato che non facevano colazione insieme, avevano cibi e bevande separati in frigoriferi diversi.
“Aslı, mi senti? Da dove viene questa storia del bere latte?”
Aslı alzò la testa, posando il suo sguardo vuoto sul volto di Adem e rispose:
“Scusi, lei chi è?”
Dopo un breve momento di silenzio, Adem scoppiò a ridere:
“Bella battuta ok, cos’è, il giorno degli scherzi? Ho capito lo scherzo, ma il latte ti fa venire la nausea, come fai a berlo?”
“Lei chi è? Io... io non ricordo nulla.”
Le labbra di Adem, piegate in un sorriso a mezzaluna, rinunciarono a sorridere. Il modo in cui Aslı mordeva il formaggio era troppo reale per essere uno scherzo. Adem non riuscì a resistere e, prendendola per le spalle, la fece sedere delicatamente su una sedia. Aslı continuava a guardare nel vuoto, mentre i pezzi di formaggio che aveva in bocca venivano sputati fuori, insieme alle parole che cercava di pronunciare:
“Non ricordo chi sono, non ricordo nulla.”
Adem controllò la testa di Aslı, prima con gli occhi, poi con le mani. La prima cosa che gli venne in mente fu che potesse aver battuto la testa da qualche parte. Aslı non aveva alcun disturbo psicologico o neurologico noto ma, mentre le toccava la testa con le mani, Adem si rese conto di quanto poco sapesse di sua moglie. Non c’era nessun segno di gonfiore o ferita visibile; cercando di calmarsi, Adem espirò e disse:
"Aslı, cosa succede, me lo spieghi?"
Dagli occhi di Aslı, intrisi di latte, cominciarono a sgorgare lacrime:
“Non ricordo chi sono, non ricordo nulla.”
Da quel giorno, Aslı restò in ospedale per due mesi, ma non si riuscì a fare una diagnosi precisa. Anche se Adem cercava di razionalizzare la situazione, non riusciva a renderla “visibile” e gestibile per la sua mente. I medici non davano risposte certe, ogni spiegazione o diagnosi sembrava perdersi nel vuoto. Alla fine del secondo mese, i medici decisero di dimettere Aslı. In una stanza piena di dottori, quasi come in un esame, spiegarono ad Adem:
"Questo è tutto ciò che possiamo fare. Dovrà aiutarla a ricordare la sua vita, chi è. Sarà necessario essere paziente, come quando si racconta qualcosa a un bambino."
Durante quei due mesi, Adem si rese conto di quanto poco conoscesse Aslı, di quanto poco sapesse davvero di lei, come se fossero stati estranei che avevano condiviso solo il tempo. Quando il medico disse “Devi raccontarle la sua vita, chi è, come a un bambino”, rimase a fissarlo con uno sguardo vuoto, senza riuscire a evocare nella memoria un colore, un odore legato a lei.
Ogni mattina, prima di andare al lavoro, Adem preparava il latte e l’omelette al formaggio per Aslı e, consultando gli appunti presi la sera prima, ripassava quello che le avrebbe insegnato quel giorno. Alla fine del primo mese ci furono piccoli miglioramenti. Aslı non ricordava solo i dettagli della propria vita, ma oggetti, date e colori apparivano nella sua mente più vividi di prima.
L’ultima volta che Adem aveva visto i genitori di Aslı e i suoi parenti più stretti era stato il giorno del loro matrimonio… Nei fine settimana, visitava la famiglia di Aslı, raccogliendo informazioni sulla sua infanzia e sulla sua vita scolastica. La vita pianificata e organizzata di svegliarsi sempre alla stessa ora ogni giorno, era finita; ora tutto ruotava attorno al recupero della memoria di Aslı. L'orologio dentro di lui si era fermato e la calcolatrice che analizzava ogni cosa si era rotta. Adem provava la gioia di pensare a qualcuno, di conoscere davvero la propria compagna di vita; si svegliava la mattina meglio di prima, con gli occhi che brillavano intensamente. Ora, oltre al lavoro, aveva un’altra priorità, un’altra voce dentro di sé. Cresceva Aslı come una bambina, guardando con orgoglio i suoi piccoli progressi e le sue prime frasi. Ogni mattina si soffermava a guardarla a lungo negli occhi, riscoprendo il colore, il profumo e i dettagli del suo corpo; in fondo al cuore, non desiderava davvero che Aslı recuperasse completamente la memoria, anche se non riusciva ad ammetterlo a se stesso. La vita che aveva costruito con ordine e calcoli era stata sconvolta. Conoscere davvero la persona più vicina a te era come scoprire un buco nero nell'universo… un'illuminazione improvvisa. Aslı stava recuperando gradualmente la memoria, fidandosi di Adem, credendo nel loro legame di marito e moglie, abbandonandosi con serenità a quel senso di appartenenza e aggrappandosi alla pace dell’amnesia, come se tutto stesse ricominciando da capo. Tutte le parole, tutti i dettagli del passato venivano rivissuti e ricostruiti insieme al latte bevuto. Passarono due anni a riempire quella lavagna vuota. Aslı era molto felice, Adem stanco ma sereno.
Aslı aveva messo da parte la coperta e si era alzata dal letto con un entusiasmo ingiustificato. Dopo aver dormito bene, con un sorriso che si addiceva a una persona felice, bevve un sorso d’acqua e aprì le finestre. Inspirò profondamente la luce del mattino, senza toccare il telefono. Un sorriso che metteva in risalto le sue fossette sbocciò sul suo volto insieme al sole. Adem non era nel letto, il cuscino era sul pavimento e la coperta giaceva da sola.
Suoni inquietanti, che disturbavano la calma dell'alba, si precipitavano dalla cucina alla camera da letto. Aslı si incamminò verso la cucina, lasciando da parte il suo sorriso. Prima allungò la testa, poi entrò completamente. Adem aveva aperto le bottiglie di latte e le stava bevendo avidamente, senza guardarla. Aslı gli si avvicinò a piccoli passi, rimettendo il sorriso appena abbandonato sul volto e disse:
“Adem, stai bene?”
Adem continuava a bere latte, guardandola con uno sguardo vuoto.
“Adem, stai bene? Cosa fai di prima mattina?”
Con le labbra coperte di latte schiumoso, Adem rispose:
“Scusi, lei chi è?”
Incredibile sempre. Anche questo racconto ti prende tutto d'un fiato per scoprire dove vuole andare. Cerchi di capire e niente. Ti sorprende sempre
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