KÖTÜ KOKU - CATTIVO ODORE

 

Copertina di Kafasına Göre per il racconto di Engin Akyürek intitolato Kötü koku - Cattivo odore

Racconto di Engin Akyürek dal n. 57 di Kafasına Göre - luglio/agosto 2024


Forse la casa di una persona non è un luogo, ma solo un condizionamento inevitabile. (James Baldwin)


L’imbianchino passava il rullo imbevuto di calce sul muro accarezzandolo, coccolando le crepe con le mani come se stesse cambiando il pannolino a un neonato e cercando di trovare la fonte dell'odore con il naso. Mia madre girava per le stanze respirando profondamente, mentre mio padre, accanto all’imbianchino, espirava nervosamente l’aria che aveva appena inspirato, senza attendere. In casa c’era un odore difficile da descrivere; lo percepivano tutti tranne me… il mio naso non riusciva a trasmettere le reazioni che avrebbe dovuto dare al mio cervello immaturo. La casa era stata tinteggiata tre volte da cima a fondo e disinfettata; i vecchi mobili e tutto ciò che poteva essere sospetto era stato buttato fuori e da tre mesi non avevamo ospiti in casa. Quelli che venivano per curiosità a vedere se il cattivo odore fosse passato, si tappavano il naso, salutavano dalla porta combattendo con i conati di vomito che premevano in gola e se ne andavano rapidamente. I miei genitori andavano da un medico all'altro pensando che avessi problemi ai sensi e di percezione, mi facevano fare analisi e radiografie e ascoltavano i consigli di amici e parenti, ma il mio naso non percepiva il cattivo odore in casa. Chi pensava che stessi giocando o mentendo, cambiava idea appena avvertiva il terribile odore, una volta entrato in casa. Così mio padre aveva iniziato a cercare una nuova casa e da un mese eravamo ospiti dai parenti. Se la nostra casa non avesse avuto un giardino, i vicini avrebbero chiesto al comune di sigillare la casa e di mandarci alla discarica di Mamak. Anche se non percepivo l’odore sgradevole in casa, appena varcavo la soglia riuscivo a captare tutti gli odori esterni, classificandoli per colore. Il problema era l’odore sgradevole che tutti sentivano in casa… Mio padre, disperato, aveva messo un cartello di vendita all’ingresso del giardino. Chiunque avesse comprato la casa avrebbe potuto convincere gli abitanti del quartiere solo se l’avesse demolita fino alle fondamenta e poi avesse pulito, disinfettato e profumato. Chiunque aveva intenzione di comprare la casa, vedeva spuntare qualcuno che gli diceva: "Wow signore, pare che ci sia una tomba sotto la casa” oppure “No signore, anche se fosse completamente demolita e ricostruita non sarebbe comunque vivibile” e ancora “Signore, ora il problema non è l'odore, ma il fatto che non si conosca la sua fonte"; così mio padre abbassava il prezzo della casa un po' di più ogni settimana e, poiché avevamo bisogno di soldi, era disposto a venderla per una miseria. Con il ricavato della vendita forse avremmo potuto comprare una casa più piccola, senza odori. Passare dall’essere proprietari di casa all'essere ospiti in qualche angolo preso in affitto non sarebbe stato un bene per i miei.

Se non avessi avuto sei anni, i miei avrebbero potuto ingigantire ancora di più questa faccenda dell'odore. Anche se i medici attribuivano la situazione a un problema psicologico, questa spiegazione non trovava riscontro nei cuori dei miei genitori. Ovunque andassi, respiravo profondamente con il naso e classificavo tutto in base all’odore. Con il tempo, avevo affinato questa mia capacità: i luoghi, gli oggetti, gli alberi e le persone avevano odori distinti. Gli odori degli alberi e degli animali erano simili tra loro, ma quelli delle persone erano tutti diversi e ogni odore percepito dal mio naso creava immagini sconosciute nel mio cervello. Mi sorprendeva molto vedere che le persone di bell'aspetto avevano colori che andavano dal giallo al grigio, mentre quelle con volti brutti avevano le sfumature più belle del blu. Gli odori sembravano rappresentare il nostro interno e i colori chi eravamo. Con il tempo, avevo sviluppato tanto questa capacità da poter immaginare un luogo e percepirne l’odore e i colori… I miei genitori avevano ceduto la nostra casa con giardino a un costruttore in cambio di un appartamento. Non solo non ci saremmo allontanati dal nostro quartiere, ma al posto della nostra casa maleodorante sarebbe stato costruito un edificio di sei piani e avremmo avuto un appartamento con doppio balcone al secondo piano. Appena la notizia si diffuse nel quartiere, le voci pettegole che avevano iniziato come sussurri, aumentarono e il tribunale del vicinato aveva giudicato la nostra famiglia con l'ergastolo, per aver disturbato l'unità e l'ordine del quartiere. Nel mezzo di un quartiere di case con giardino sarebbe stato costruito un edificio di sei piani. Avremmo donato al quartiere un ombrellone di cemento che avrebbe oscurato il cielo e fatto ombra al sole. C'erano anche quelli che, felici di questa situazione, si sfregavano le mani con gli occhi scintillanti. Coloro che calcolavano l'altezza del piano a cui prendere un appartamento in base alla grandezza del loro giardino erano alla ricerca di nuovi sogni, mentre quelli che pensavano che le loro case non avrebbero più avuto valore facevano la fila per ottenere informazioni da mio padre. Il cattivo odore della nostra casa aveva sconvolto l'intero spirito del quartiere, creando sogni che molti non sarebbero stati in grado di sostenere. Gli anziani ci maledicevano, dicendo che l'odore ormai non c'era più e che comunque non era così fastidioso.

"Ma insomma, adesso dovremmo lasciare le nostre case con giardino per andare a vivere in affitto? Abbiamo già un piede nella fossa e dovremmo passare gli ultimi giorni nelle case degli altri? No, quella puzza ormai come è venuta se ne è andata, io non sento alcun odore..."

Il quartiere si era diviso in due; chi passava davanti a casa nostra prendeva respiri profondi e cercava di valutare la qualità dell'aria e l’impatto che tutta la faccenda avrebbe potuto avere, inspirandone una quantità che si basava sui metri quadri delle loro abitazioni.

Come un verme che entra in una mela, il nuovo edificio avrebbe cambiato tutto il quartiere. C'erano anche quelli che giravano con il titolo di proprietà e il metro in mano, cercando un nuovo costruttore. Il caffè del quartiere si era trasformato in uno studio di architettura su piccola scala. Quando entrò in gioco il profitto, gli abitanti del quartiere capirono in breve tempo che le loro faccende non potevano sopravvivere a sogni infondati. Ogni casa aveva costruzioni abusive, giardini estesi oltre misura e metri quadrati che avevano sconfinato nei diritti altrui. Affrontare questo non era facile e si rischiava di perdere tutto ciò che si possedeva, mentre i sogni sarebbero stati valutati quanto stimato dall’appaltatore. Mio padre non frequentava più il quartiere, aspettando in silenzio che tutti prendessero una decisione. Dopo un po', tutto il quartiere iniziò a sentirsi come me. Non c'era nessun cattivo odore in casa nostra, anzi, la casa profumava di fresco e ci venivano inviati messaggi tramite conoscenti affinché ci tornassimo a vivere lì prima possibile. Gli appaltatori che si presentavano per fare offerte al quartiere venivano maledetti, non veniva permesso loro di entrare nella strada e venivano cacciati a colpi di sassi lanciati da lontano. Gli abitanti del quartiere, raccogliendo denaro tramite contributi collettivi al caffè, avevano rinnovato la nostra casa puzzolente dal tetto alle fondamenta, compresi i muri del giardino. Basta che non demolissimo la nostra casa per costruire un edificio di sei piani nel mezzo del quartiere... Mio padre si era convinto e aveva deciso di trasferirsi di nuovo a casa nostra. Quando il camioncino con i nostri mobili entrò nel quartiere, un’ondata di gioia ci accolse. Mio padre salutava la folla dal camioncino come il comandante di un esercito di ritorno dalla spedizione. Dal cassone del camion, seduto sul mio letto, osservavo le manifestazioni di gioia del quartiere, rispondendo con la mano ai saluti degli anziani con i loro bastoni. Gli oggetti trasferiti di mano in mano emanavano un'aria di calore umano che ricordava i film di Yeşilçam.1

Tutti erano felici, con sorrisi profumati stampati sui loro volti. Siamo entrati nella nostra casa rinnovata con entusiasmo e applausi. Nessuno vomitava o inspirava profondamente. I nostri oggetti venivano sistemati, accompagnati da voci sorridenti. Mia madre, felice di essere tornata a casa, dava indicazioni su dove mettere le cose, mentre mio padre accettava le congratulazioni con un cenno del capo. Stavo ridendo a crepapelle per la felicità di ritornare nella nostra casa con giardino. Dopo aver attraversato il giardino, misi piede sulla soglia della porta di casa. Non appena superata la soglia, i miei piedi si fermarono non riuscendo a fare un passo. Tra le voci sorridenti, iniziai improvvisamente a piangere. Tutti mi guardavano, i miei genitori cercavano di capire il mio problema con sguardi ansiosi, senza fare domande. Le lacrime che scorrevano dai miei occhi raggiungevano le mie corde vocali, facendomi piangere ad alta voce. Ahmet amca, che aspettava nel corridoio con il suo bastone, lo allungò come se volesse porgermi una mano:

"Che è successo, perché piangi?"

Le teste che spuntavano dalle porte nel corridoio aspettavano con curiosità di sentire cosa avrei detto. Più piangevo, più le mie narici si aprivano, aggiungendo un tono triste alla mia voce. Tirai su col naso e dissi:

"Che puzza terribile!"

Tutti si guardarono l'un l'altro e iniziarono a respirare profondamente. I sorrisi sparirono e i rumori di respiro profondo si unirono ai suoni dei conati di vomito. Alcuni vomitavano sui divani, altri si coprivano il naso e la bocca e si precipitavano fuori. Io, fermo sulla soglia della porta, piangevo e stavo riuscendo a pronunciare una sola frase, quando non mi mancava il respiro:

"Non è la casa, siete voi che puzzate!"


                                                                                            Engin Akyürek


1 Con il termine Yeşilçam viene identificato il cinema popolare turco che va dal 1950 al 1980 e che veniva prodotto in un quartiere di Beyoğlu, Yeşilcam appunto, da cui ha preso il nome.

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